Mnemosyne è diventata una macchina? (I parte)
Nel Fedro, Platone fa raccontare a Socrate, secondo i moduli della cultura orale, una storia, che viene da lui collocata nell’Antico Egitto. Il dio Theuth, dopo aver inventato i numeri, il calcolo, l’astronomia, inventò anche la scrittura.
“Quando giunsero all’alfabeto: “Questa scienza, o re – disse Theuth – renderà gli Egiziani piú sapienti e arricchirà la loro memoria perché questa scoperta è una medicina per la sapienza e la memoria”. E il re rispose: “O ingegnosissimo Theuth, una cosa è la potenza creatrice di arti nuove, altra cosa è giudicare qual grado di danno e di utilità esse posseggano per coloro che le useranno. E cosí ora tu, per benevolenza verso l’alfabeto di cui sei inventore, hai esposto il contrario del suo vero effetto. Perché esso ingenererà oblio nelle anime di chi lo imparerà: essi cesseranno di esercitarsi la memoria perché fidandosi dello scritto richiameranno le cose alla mente non piú dall’interno di se stessi, ma dal di fuori, attraverso segni estranei: ciò che tu hai trovato non è una ricetta per la memoria ma per richiamare alla mente. Né tu offri vera sapienza ai tuoi scolari, ma ne dai solo l’apparenza perché essi, grazie a te, potendo avere notizie di molte cose senza insegnamento, si crederanno d’essere dottissimi, mentre per la maggior parte non sapranno nulla; con loro sarà una sofferenza discorrere, imbottiti di opinioni invece che sapienti” (Platone, Fedro, 275 a -b)
Secondo Platone la scrittura è disumana, poiché finge di ricreare al di fuori della mente ciò che in realtà può esistere solo al suo interno, ed è qualcosa di artificiale.
Ma -si potrebbe obiettare- l’artificialità è naturale per l’essere umano…dall’invenzione della ruota, agli strumenti per tagliare (pensiamo alle antichissime amigdale),l’uomo ha sempre fatto uso di strumenti artificiali per potenziare le proprie doti naturali…
Queste osservazioni platoniche mostrano l’eterna paura che una conquista, una rivoluzione tecnologica mettano in discussione o distruggano qualcosa che si considera un valore in sé, qualcosa di prezioso. In questo caso si tratta della memoria: chi si serve della scrittura cesserà di ricordare, sarà costretto a contare su risorse esterne, in sostanza indebolirà la propria mente.
Prima di riprendere il tema della memoria, però, è bene seguire ancora le osservazioni di Platone, perché esse introducono un altro elemento fondamentale.
Non solo la scrittura è una tecnologia,- afferma ancora W. Ong riflettendo su questo passo- che richiede una serie di supporti esterni: penne, pennelli, stilo, colori, inchiostro, pelli , papiro, carta. Ma è probabilmente la più drastica delle tre tecnologie di trasmissione del pensiero che hanno attraversato la storia dell’uomo: la scrittura, la stampa, il computer. La riduzione del suono a spazio, la separazione della parola dall’istante in cui viene pronunciata sono stati infatti solo accentuati da stampa e computer, ma sono già presenti nella scrittura. E ogni volta che nasce una nuova tecnologia, la paura ritorna…
Nel 1477 Geronimo Squarciafico, che di fatto promosse la stampa dei classici latini, già sosteneva che « l’abbondanza di libri rende gli uomini meno studiosi » distrugge la memoria e debilita la mente, togliendole lavoro (ancora una volta, la stessa lamentela che per i computer), degradando l’umanità savia a vantaggio del compendio tascabile(M. Lowry, The World of Aldus Manutius: Business and Scholarship in Renaissance Venice, Ithaca, NY, Cornell University Press, 1979)
Una delle questioni fondamentali che riemerge ad ognuno dei cambiamenti tecnologici sopra citati è dunque quello della memoria.
Il problema, però , è che cosa sia veramente la memoria biologica : un processo cognitivo estremamente complesso che ancora costituisce , per molti aspetti, un mistero per le neuroscienze. Quel che sembra oggi certo è che non esista un centro neuronale della memoria. La memoria non è localizzata in singole zone ,ma è piuttosto il risultato dell'interazione dell'intera attività corticale.
Partiamo ancora dall’antica Grecia. Dove Mnemosyne era una dea, e delle più antiche. Nella sua Teogonia , Esiodo ci informa questa divinità preolimpica. Figlia di Urano (cielo) e Gaia (Terra),dalla sua successiva unione con Zeus nacquero le nove Muse, non solo cantatrici divine, ma protettici del pensiero in tutti i suoi aspetti: dall’eloquenza alla persuasione, alla saggezza, alla storia, alla matematica, all’astronomia..
Per Agostino la memoria era il riflesso di un potere divino nell’uomo. Questa visione classica contnuò in pratica sino all’Ottocento, quando William James dichiarò, in una lezione a degli insegnanti, che “the art of remembering is the art of thinking,” . Anche questa osservazione, che rende la memoria un fatto propriamente umano, nell’era digitale ci appare quasi obsoleta. Siamo infatti ormai abituati ad affidare a risorse tecnologiche esterne (dal telefonino, al computer, alla rete) la nostra memoria.
Sarà dunque vero, come afferma Carr, che Mnemosyne, da dea è diventata una macchina?E che influenza può avere tutto ciò sulla mente umana e sull'apprendimento?
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