Omero:il Dallas dell'antichità?


Da questa domanda stravagante e provocatoria prende spunto un brillante filologo francese, Florence Dupont,per stabilire un parallelo tra la (sub)cultura mediatica di oggi e gli straordinari capolavori con cui ha inizio la letteratura greca.Egli confronta la famosa e fortunatissima soap opera americana degli Anni Ottanta, Dallas, con l'Iliade e l'Odissea; operazione è senza dubbio rischiosa, ma che non manca di un suo fascino e soprattutto ha il pregio di mettere in evidenza alcuni aspetti dei grandi poemi omerici, quali l’oralità e il carattere conviviale e popolare. Allo stesso modo definisce quella della telenovela non una scrittura,un testo, bensì un “linguaggio televisivo orale”. Che allieta i nostri pasti,così come i canti degli aedi allietavano i momenti conviviali nell’antichità: performances mai uguali a se stesse, caratterizzate dall’improvvisazione su materiali preesistenti e sull’utilizzo di quella che viene definita “dizione formulare”, a partire dagli studi di Milman Parry negli anni Trenta dello scorso secolo.
Dupont prende in esame , ad esempio, i sorrisi dei personaggi, definendoli immagini-epiteto e associandoli agli epiteti descrittivi e a moduli formulari omerici: da “il piè veloce Achille”, a “Diomede potente nel grido”, ad “Agamennone sire d’eroi”.
Ogni personaggio di Dallas è immediatamente identificabile: abito, pettinatura, gesti individuano chiaramente il suo ruolo nella soap: Ma è soprattutto il sorriso ad identificarlo: quello astuto di J.R, il protagonista, ricco petroliere texano (l’Odisseo di Dallas?), quello esitante di Sue Ellen, che rivela un’anima debole, quello materno di Ellie, segno di bontà, quello franco di Jock, il patriarca, che esprime lealtà, o ancora la smorfia tesa di Cliff Barnes, che si annuncia come perdente.
I caratteri dei personaggi non sono altro che lo sviluppo di quel sorriso:perdenti o vincenti, gli eroi di Dallas sono sempre uguali a se stessi. Ecco perché la sigla iniziale e finale presentano proprio il catalogo di questi sorrisi: i personaggi principali e di volta in volta, quelli che hanno un ruolo in puntata compaiono tre volte sullo schermo, diviso in tre finestre verticali . Dagli epiteti bello, divino, splendente, dalle bianche braccia, al primo piano televisivo: così la società mediatica celebra oggi l 'avvenenza...


Molte altre sono le riflessioni e i confronti che l'autore mette a punto: scene formulari, come la colazione, il drink serale , le automobili. E il carattere celebrativo della soap: la celebrazione di un'America fatta di cocacola e petrolio, di jeans e hamburger, la società dei consumi, l'american dream. Datato, vero? Sono bastati vent'anni...
Forse anche perchè Dallas non riflette mai su se stessa; presenta questa illusione come realtà. Non mostra quello che sta dietro la scatola televisiva.
Non esistono, in Dallas, un Demodoco, o un Femio, che racconta ai Proci la storia di Odisseo. E alla madre Penelope, che chiede di smettere questa dolorosa storia, così risponde Telemaco: "madre mia, perchè vuoi impedire al caro aedo di recar gioia come la mente gli suggerisce? Non hanno colpa i cantori, ma Zeus. Zeus che dà agli uomini, come vuole lui, il bene e il male a ciascuno".


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